giovedì 4 dicembre 2014

Violenze nel menu - Parte 1

Avere l'influenza ha i suoi lati positivi, le coccole e un po di tempo per un post meno veloce.

Io, non di rado, sogno momenti di vita contaminati da input quotidiani e così riesco a viverli sempre in maniera differente, e quando mi capita su un episodio già particolare di suo con un tema forte come la violenza penso valga la pena raccontarlo.


Come dicevo, due sono gli ingredienti dell'impasto; il primo è semplice quanto difficile da trattare senza cadere nella retorica della non "violenza" , aggiungo poi un pizzico del mio bagaglio emotivo-analitico, con in aggiunta il secondo ingrediente segreto:

Un aneddoto della mia vita.

Appena laureato, ovviamente tanti anni fa, quando il mio curricula poteva essere mandato su un tweet (se avessi saputo cosa fosse!!), iniziai a fare il giro delle allora grandi aziende che erano in cerca di ingegneri elettronici, informatici o delle telecomunicazioni, sottoponendomi ad una miriade di colloqui. 
Le interview erano sempre diverse ed io, affascinato dalla cosa, ne cercavo altre per "IMPARARE" da loro.

Ci fu una grande società di Consulenza che allora si chiamava A... che poi negli anni cambiò nome in A... che adottava un metodo "alternativo".
Il colloquio si svolgeva attorno ad un tavolo tondo con altri 5 esaminanti e alla mia destra c'era l'esaminatore. Composto, capello perfetto, giacca e cravatta che emanavano degli strani luccichii di egocentrica superiorità.

Avevamo davanti un foglio bianco. Prima di girarlo e capire che era scritto dall'altro lato, l'esaminatore ci disse che avremmo dovuto parlare tra di noi e lui avrebbe osservato.

Un gioco di ruolo applicato al recruitment ? Che bello!! Sarebbe stato bello farmi studiare in questo modo e studiare a mia volta.

Il Master ( è così che si chiama la persona che regola un gioco di ruolo, ma non lo dirotta a suo piacimento se è bravo, detta le regole, "conduce" solo i personaggi non giocatori e tutte le interazioni con l'ambiente, imposta una storia di fondo ma poi lascia fare ai giocatori )
psicologo-recruiter diede solo queste indicazioni:

siete responsabili di area di una grande azienda e vi siete riuniti per decidere tra voi come spendere il budget deciso dall'azienda in beneficenza. Ognuno di voi ha un foglio dietro il quale c'è scritto il progetto, e i soldi per sostenerlo,  proveniente dalla vostra area geografica.

Un'asportazione di un tumore da una donna che non ha la copertura sanitaria (e qui si vede da dove proviene il modello ), un progetto per un' associazione  per un centro di recupero per bambini maltrattati, altri che non ricordo e poi, il mio, un progetto di un canile, tutti con costi diversi.

A quel punto aspettavo che il Master ci desse le informazioni fondamentali per continuare il gioco. Quali erano gli scopi dell'azienda ? Come ero arrivato a ricoprire quel ruolo, che rapporti avevo con gli altri colleghi, quali regole scritte o non dovevo o meno rispettare ? Insomma cosa che si imparano arrivando in un momento dove prendere una decisione.

Ma non disse nulla.

Per cui mentre guardavo gongolare la ragazza che le era capitata una scala reale servita nelle mani, mi accorsi che non volevo più giocare in un gioco senza regole, e non perché avessi solo un coppia di 5 in mano, ma perché non volevo essere il criceto della ruota.

Ho perfino evitato di sorridere quando il genio della situazione strappò un mezzo consenso dagli altri chiedendo di dare mezza quota per l'operazione (come se si potesse operare a rate) e l'altra a coprire gran parte del progetto per l'infanzia.

Assistetti al gioco degli altri. Non mi richiamarono. Come Mai ?


FINE PRIMA PARTE

seconda parte


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